L’idea di passare un weekend in Lussemburgo è venuta per caso parlando con un’amica, così su due piedi abbiamo deciso di partire. Non mi ci è voluto molto per convincermi, visto che da tempo avevo voglia di visitare questo minuscolo stato di cui non parla mai nessuno.
Il Granducato di Lussemburgo, l’unico granducato al mondo (una monarchia dove regna il granduca), è una minuscola nazione popolata maggiormente da immigrati portoghesi, francesi e italiani. La popolazione locale è meno del 50% e le lingue ufficiali sono il lussemburghese (un dialette tedesco con influenze francesi), il francese e il tedesco, ma ovviamente parlano tutti anche inglese. Il Lussemburgo si piazza al terzo posto nella classifica dei paesi più ricchi al mondo nel 2018 per prodotto interno lordo pro capite dopo il Qatar e Macau. Effettivamente si vede che è un paese ricco, piuttosto pulito, organizzato e funzionante. Noto per le sue banche specializzate nella gestione dei fondi d’investimento, soprattutto dei grandi capitali prventieni dall’estero, è sede di varie istituzioni e agenzie dell’Unione Europea. La capitale si chiama Lussemburgo, proprio come lo stato.
Ma ora basta con le notizie stile Wikipedia, passiamo invece a quelle pratiche, ovvero quello che ho fatto in Lussemburgo. Due giorni e mezzo sono perfetti per vedere tutto quello che c’è da vedere, inclusa una gitarella fuori porta. Il tempo è stato poco clemente, freddo e nuvoloso, ma per fortuna niente pioggia.
Sono arrivata il pomeriggio di venerdì, giusto in tempo per posare lo zaino in AirB&B e volare a cena. Tutto chiude prestissimo, i negozi per le 17:00/18:00 hanno già tirato giù la serranda e i ristoranti chiudono per le 22:00. Sinceramente non ho visto grande vita in giro, sembra una città fantasma, ci sono pochissime persone per strada, specialmente la sera. Nonostante fosse un weekend c’era davvero poca gente per strada e la cosa mi ha fatto un po’ strano, perché sicuramente non mi aspettavo la movida di Ibiza a luglio, ma almeno un pochino più di vita sì, ecco.
La prima cena è stata all’Um Dierfgen, un tipico ristorante lussemburgese molto carino nell’arredamento rustico e nordico, ma soprattutto buonissimo col suo cibo locale. Ho assaggiato due piatti tipici della tradizione, ovvero il Judd mat Gaardebounen, collo di maiale in salsa con patate bollite, fave e bacon e il Paschteit (anche detto Bouchée à la Reine) una tortina di pasta sfoglia ripiena di pollo e funghi, inondata di una meravigliosa salsa pannosa besciamellosa, il tutto accompagnato dalla buonissima birra lussemburghese, la Diekirch. Mi sono alzata da tavola molto felice!
Il giorno dopo, in cerca del posto dove fare la colazione, abbiamo involontariamente fatto il giro del centro passando per il famoso ponte Adolfo, uno dei simboli della città, e i vari bellissimi palazzi e chiese.
Lussemburgo è stranissima, perché è una valle nella città. Non ho mai visto niente di simile, praticamente la città è costruita su due livelli, entrambi abitati e vivi, una struttura urbana molto particolare.
Il posto per fare il brunch è stata una piacevole scoperta, soprattutto casualissima. I posti che avevo in programma per la colazione erano tutti pieni (credo ci siano pochi posti e la gente va tutta lì, è l’unica spiegazione), quindi siamo entrate al Purple Sage, un locale carinissimo dove fanno i Crumpet, una via di mezzo tra un english muffin e un pancake. Li fanno in mille modi e nemmeno ve lo dico quanto cavolo sono buoni. Ne ho preso uno con la cioccolata fondente e uno con uova, bacon e sciroppo d’acero. Li mangerei ogni giorno. Il posto poi ha tutti ingredienti a bio, autoprodotti o di produzione locale (quasi a chilometro zero) di altissima qualità.
Dopo questo meraviglioso brunch ho preso il treno per Clervaux, una piccolisssssima cittadina a un’ora da Lussemburgo. La città è famosa per la mostra fotografica The Family of Man curata da Edward Steichen in esposizione permanente all’interno del castello. Se a Lussemburgo ho trovato poca gente, qui decisamente non ho incontrato anima viva, se non alla mostra, appunto. Sono salita sulla cima della collinetta per visitare l’abbazia di Clervaux lungo un piacevole sentiero nel bosco e poi scesa verso il castello per vedere la mostra. Questa mostra fotografica contiene 503 fotografie post guerra di 273 artisti ed è un manifesto di pace e uguaglianza delle diverse popolazioni del mondo. Attirando così tante persone ogni anno è stata registrata come patrimonio dell’UNESCO ed è ormai un’esposizione leggendaria e rinomata a livello mondiale.
Sono poi tornata a Lussemburgo in tempo per una birra al De Gudde Wëllen, un locale con musica dal vivo e concerti e musica decisamente troppo alta per poter avere una conversazione con altre persone. O forse sono solo vecchia io.
Anche la cena di questa sera è stata a base di cibo locale, ovviamente, all’Am Tiirmschen un ristorante dai toni più eleganti di quello di ieri, dove ho continuato a depennare piatti tradizionali dalla mia lista. Ho preso un antipasto di specialità lussemburghesi, tra cui il Rieslingspachteit, una specie di maiale in crosta di pane, Gromperekichelcher, dei rösti in pratica e altre cose buonissime. Ma il piatto più buono sono stati i Kniddelen, ovvero una sorta di gnocchi di farina cotti sia al vapore che saltati in padella e guarniti con burro e panna. Ho preso sia la variante al vapore con speck e formaggio, che quella in padella con noci e roquefort, perché qui non ci si fa mancare niente. Credo questo sia stato il mio piatto preferito di tutto il viaggio. Erano spaziali. Il tutto accompagnato con del vino rosso locale. Ottimo. Tutto.
L’ultimo giorno l’ho dedicato alla visita della città in modo più approfondito. Se nei giorni feriali non si è visto nessuno, la domenica ancora meno. I pochi in giro erano turisti. E comunque si contavano sulle dita di una mano. Sicuramente il tempo freddo e ventoso ha giocato un ruolo predominante nella scelta della gente di rimanere a casa, ma veramente non ho visto anima viva.
Il posto scelto per la colazione era proprio davanti al Palazzo Granducale, la residenza ufficiale dei Granduchi del Lussemburgo e il luogo dove vengono svolti i compiti di capo dello stato del granducato. La cosa particolare è che di fronte al palazzo ci sono delle colonne alla cui estremità ci sono delle facce dorate che sembrano seguirti mentre cammini. Abbastanza strano e inquietante.
Visto appunto il freddo, mi sembrava il caso di iniziare la giornata con una “leggera” colazione alla Chocolate House, a base di cioccolata calda e torta al cioccolato. Io non sono una grande fan delle torte, anzi non le mangio quasi mai e sono di sicuro team salato, ma che non le provi ste benedette torte famose? Eh sì, le provi. Onestamente non sono rimasta entusiata del posto: lo staff poco gentile (ma devo dire che non ho trovato tutta questa gentilezza in generale in Lussemburgo, sembrano tutti scazzati e nervosetti), il posto carino, ma solo al piano terra, al piano superiore invece c’erano sedie richiudibili di legno poco stabili e decorazioni strane che non c’entravano un cavolo con quelle carine del piano terra, servizio lentissimo (alla fine devi solo tagliare una fetta di torta e portarmela, invece ci hanno messo una vita), apparecchiamento fatto a metà (ci hanno portato due forchette, un coltello e un tovagliolo per due persone. Ok.) e la torta non è che fosse chissà che bontà incredibile. Di sicuro la cosa per cui ho goduto di più è stata la cioccolata calda sotto forma di cucchiaino di legno alla quale era avvolto un blocco di cioccolata da far sciogliere nel latte caldo. La scelta del tipo di cioccolata era pressoché infinita, ce ne’era davvero per tutti i gusti, pure quella al wasabi.
Il perscorso è proseguito nel Grund, la valle sotto il centro di Lussemburgo, attraversata dal fiume Alzette, una zona pittoresca alla quale si può accedere solo a piedi o con un ascensore che scende attraverso la scogliera del fiume. Carinissimo!
A pranzo abbiamo mangiato alla Brasserie Bosso nel Grund. Un altro pranzo anche qui molto leggero a base di spatzle con bacon, formaggio, salsiccia e cipolla con un antipasto di Gromperekichelcher (il rösti) con funghi. Super, super buono!
Dopo il girettino nel Grund sono passata a vedere che cosa ci fosse nel quartiere del Clausen: niente. Solo strade e case come qui sotto.
A piedi si raggiunge qualsiasi posto e quindi è stata la volta dell’ascensore del Pfaffenthal, un ascensore gratuito e trasparente che salendo ti offre una vista meravigliosa di una parte della città.
Da lì si cammina verso un palazzo bellissimo, la Fondazione Pescatore, che sembra un castello, ma in realtà è una casa di riposo per ricchi, ricchissimi anzianotti.
Ultima tappa prima di arrivare in aeroporto è stata la zona Limpertsberg, ma soltanto per andare a mangiare la tipica Flammkuchen (o tarte flambée) al Café des Tramways un piccolo bar carinissimo. Abbiamo preso quella con bacon, formaggio e cipolle e quella con camembert e miele. Era squisita, super fina e croccante. Il quartiere di Limpertsberg è una zona residenziale e totalmente morta.
Tirando le somme ho mangiato un sacco di roba buonissima, ho visto cose belle, pagato il giusto (pensavo fosse molto più caro) e mi sono morta di freddo, ma il Lussemburgo è stata una destinazione super piacevole per un weekend! Si gira facilmente a piedi, anzi si deve, perché ci sono piccole perle qua e là che si possono cogliere solo camminando.
Povero Lussemburgo un po’ poco considerato, pensateci, per un paio di giorni non è niente male!
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