Sigiriya, la roccaforte dello Sri Lanka

Se siete in Sri Lanka non potrete non passare a riempirvi gli occhi a Sigiriya, scalando la Lion Rock, un sito del patrimonio UNESCO, considerato l’ottava meraviglia del mondo.

Già la strada per Sigiriya, come tutte le strade in Sri Lanka, vale decisamente la pena di alzarsi presto per salire su questa roccaforte, la vista poi, una volta sù in cima, varrà ogni singolo sforzo e ogni singola goccia di sudore.

Quando andare

Lo Sri Lanka ha un clima tropicale tutto l’anno e due stagioni in cui i monsoni imperversano sull’isola. Evitate quindi i mesi da maggio ad agosto, ottobre e novembre. Considerando il fatto che dovrete scalare una montagna di 370 metri e salire più di 1200 scalini, consiglierei i mesi da gennaio a marzo essendo i mesi più freschi dell’anno.

Dove alloggiare

Se decidete di fermarvi a Sigiriya per una notte, consigliatissimo è l’Hotel Sigiriya per godere della vista sulla montagna anche dopo la scalata, rilassandovi in piscina. L’hotel è carinissimo, confortevole e pulito.

Cosa fare

C’è solo una cosa da fare a Sigiriya e quella cosa è scalare la Lion Rock, un’antica fortezza di roccia, che anticamente avrebbe dovuto avere le sembianze di un leone, il simbolo dello Sri Lanka. Ormai del leone sono rimaste solo le grandi zampe con gli artigli intagliate nella roccia, ben visibili in uno dei passaggi obbligati per salire sulla cima.  La zampe sono ciò che resta di un’enorme statua raffigurante un leone sdraiato.

La leggenda narra che la rocca di Sigiriya divenne la cittadella fortificata voluta dal re Kashyapa, salito al trono dopo aver assassinato il padre Dhatusena e aver usurpato del trono il fratello e erede legittimo Moggallana. Temendo la vendetta del fratello, Kashyapa fece realizzare un palazzo fortificato sulla roccia di Sigiriya, conquistandosi la fama di essere inespugnabile. Tuttavia, il re capitolò dopo una disastrosa battaglia nel 495, in seguito alla quale si suicidò. Dopo la morte di Kashyapa, suo fratello Moggallana restituì Sigiriya ai monaci buddisti, diventando un monastero rimasto in uso fino al XIV secolo. La cittadella è adagiata su di una roccia composta da una dura placca magmatica, eredità di un vulcano eroso. Sigiriya è ancora oggi testimonianza di una perfetta combinazione di tecniche costruttive, idrauliche, urbanistiche ed artistiche molto avanzate per quel tempo.

Si inizia la scalata alla montagna tramite scale strette. Nulla di particolaremente degno di nota durante questo basso percorso iniziale, fino quando si arriva su una ripida scala a chiocciola e si accede ad una galleria scavata nella roccia. Sulle pareti troviamo delle meravigliose pitture rupestri, perfettamente conservate, raffiguranti diciotto splendide fanciulle, forse alcune delle concubine del re Kashyapa. I colori vividi, la cura del dettaglio e la grazia che emanano queste donne dipinte lascia senza parole. Il sentiero prosegue poi, costeggiando la parete rocciosa, con un muro noto come muro dello specchio per via della superficie liscia e riflettente, rifinito in stucco così lucido che lo stesso re vi si poteva specchiare.

Salendo ancora si raggiungono le famose zampe di leone, che incorniciano l’ingresso della scalinata, unico accesso al palazzo. Ed è così che si sale in vetta e che si raggiungono le rovine della cittadella. Arrivati in cima il panorama a 360 gradi è mozzafiato, la vista sulla giungla è sconfinata, non si riesce quasi a vederne la fine, è incredibile.

Tutto intorno la fortezza è circondata da giardini, giochi di fontane e fossati che tenevano lontani i nemici. La vegetazione è così rigogliosa e fitta da non sembrare nemmeno vera.

Perché andare a Sigiriya

Sigiriya mi ha lasciata senza fiato e non parlo del fiato che ho perso salendo tutti quei gradini. È di una bellezza indescrivibile, uno dei percorsi più suggestivi che abbia mai fatto, ad ogni scalino non riesci a staccare gli occhi da quel panorama immenso che ti circonda. Fanno bene quando dicono che può essere considerata l’ottava meraviglia del mondo. Perché forse lo è davvero.


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